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FRANCA PISANI - CODICE ARCHEOLOGICO. IL RECUPERO DELLA BELLEZZA

September 29 > November 26, 2017
curated by Duccio Trombadori

MACRO Testaccio
Padiglione 9B
 
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Mostra personale dell'artista toscana Franca Pisani in contemporanea con la partecipazione alla “57a Biennale d’arte di Venezia”, dove le sue opere sono parte integrante di una mostra dedicata a Palmira “la Sposa del Deserto”.

Attraverso 47 opere – tra affreschi, quadri, istallazioni e ben 10 “teleri” - la mostra testimonia l’approfondito lavoro di studio di Franca Pisani sulla memoria di alcuni elementi primordiali della storia dell’umanità.

L’esposizione si articola su quattro livelli e propone al visitatore una sorta di viaggio emozionale alla ri-scoperta di quattro siti archeologici di importanza fondamentale – Hatra, Nimrud, Bamiyan e Palmira – che hanno tracciato la storia comune di tanti popoli. Completata dal catalogo di Maretti Editore – sul quale trovano spazio sia la presentazione del curatore Duccio Trombadori, sia il saggio critico di Cristina Acidini, già Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino – la mostra rappresenta non solo il personale esordio dell’artista nella Capitale, ma anche una nuova tappa del ciclo di appuntamenti artistici denominato proprio “Recupero della Bellezza”.

TELERI: IL RECUPERO DELLA MEMORIA
Nel percorso espositivo della mostra di Franca Pisani, l’omaggio ai quattro antichi siti archeologici è affidato a dieci “teleri.
Il “telero” è un supporto tipico dell’arte veneziana del ’400 e del ’500: il termine deriva dalla parola veneta teler che significa telaio. Sono grandi tele (ma senza il tipico riquadro ligneo) posizionate direttamente al muro. Sono famosi quelli di Carpaccio, Tintoretto, Palma il Giovane, Veronese e naturalmente Tiziano. Il “telero” è di lino, che per le sue preziose qualità risultava il preferito dagli artisti. Erano lasciati grezzi e non sbiancati per consentire una migliore adesione dei colori, seppur di uno strato sottilissimo. La scelta di Franca Pisani di questa antica arte consente oggi sia un’indagine nella tradizione, sia un confronto drammatico con le regole che la necessaria forza espressiva impone per questi grandi oggetti d’arte. Il risultato è una sorta di incanto che la location romana rende più coinvolgente.

I QUATTRO LIVELLI
Per il ciclo di quattro livelli previsto nella mostra personale, per lo spazio del MACRO Testaccio Franca Pisani ha appositamente dipinto con ossidi e lacche dieci “teleri” di lino cotto, che misurano 3x4 metri.
Il primo livello è un’installazione dove Nomade anziano ci conduce idealmente in Afghanistan, nella Valle di Bamiyan vicino Kabul, ovvero il sito archeologico che era caratterizzato da due Buddha giganti scavati nella roccia, oggi non più visibili poiché distrutti dalla furia umana.
Nel secondo livello Nomade Vento fa compiere al visitatore un’incursione in Iraq, nel sito di Hatra Mosul, vicino Baghdad. Fino a poco tempo fa qui esistevano sculture raffiguranti tori con teste umane (androcefalo), i Lamassu.
Nomade Adolescente è il conducente del terzo livello, dove il visitatore può rivivere il fascino della città assira di Nimrud di biblica memoria, situata sul fiume Tigri, ricca di suggestione e di riferimenti al nostro passato.
Nel quarto livello Nomade Curioso rivela infine il continuum dell’opera dedicata alla memoria dell’antica città di Palmira ed è rappresentato da L’albero di Pietra – un tronco di frassino in cui è inserito un cilindro in marmo statuario delle Alpi Apuane su cui sono stati scolpiti dei segni primordiali secondo l’antica arte dei marmi e dei graniti – che rappresenta una sorta di leitmotiv dell’attività artistica di Franca Pisani. Unitamente all’istallazione, l’omaggio a Palmira prevede anche due “teleri” dedicati all’antico anfiteatro romano.

QUINTO E ULTIMO CICLO: LA RINASCITA
Integra e arricchisce la proposta di Franca Pisani una doppia versione di Nomade donna, insieme a altri “nomadi” (i precedenti che qui si ritrovano dopo il lungo cammino) e una settima figura che rappresenta “l’uomo nuovo” o “della pace”.

MEMORIA A PEZZI
Lungo tutto l’iter espositivo, l’artista ha scelto di costruire centralmente un atrium di bellezza che si traduce in un percorso di archeologia contemporanea scandito da un migliaio di pezzi marmorei di risulta provenienti dalle cave del Monte Altissimo di Pietrasanta, le stesse utilizzate 500 anni fa da Michelangelo Buonarroti per la facciata della Basilica di San Lorenzo a Firenze, poi rimasta incompiuta. Su una sorta di “pavimento” di polvere di marmo, sono sistemati numerosi pezzi dalle forme più strane, che erano destinati al restauro o alla costruzione di famose moschee e minareti, ma anche di chiese e biblioteche; tutto il materiale lapideo è stato messo a disposizione dalla Fondazione Henraux di Querceta (vicino Forte dei Marmi) i cui responsabili hanno “sposato” con entusiasmo l’idea di Franca Pisani di concedere una “seconda vita” – seppur limitata nel tempo – a questi reperti archeologici contemporanei, in stretta connessione con i “teleri” dedicati ai siti simbolo del nostro passato comune.

LA MOSTRA IN NUMERI
In definitiva la mostra di Franca Pisani propone all’attenzione del visitatore:
· 10 teleri 400x300 centimetri dedicati ai siti di Palmira, Hatra, Nimrud e Bamijan;
· 9 affreschi su seta di Lione;
· 8 marmi su tela 150x100 centimetri;
· 7 Nomadi “il nuovo popolo della pace”;
· 6 affreschi su tela Attraversamenti
· 4 sabbie 150x100 centimetri;
· 1 albero di pietra;
· 1 totem in marmo;
· 1 installazione di marmi bianchi d'Oriente rappresentanti la distruzione dei siti archeologici.

CENNI BIOGRAFICI DI FRANCA PISANI
Franca Pisani nasce a Grosseto nel 1956 da una famiglia di artiste: la nonna Margherita era disegnatrice di ricami per la regina Elena nella tenuta di San Rossore, in Toscana, mentre la mamma Lia è tuttora pittrice.
A nove anni frequenta lo studio dello scultore e pittore Alessio Sozzi. Dopo la maturità artistica si trasferisce a Bologna per approfondire gli studi d’arte alla facoltà di lettere D.A.M.S., diretta da Umberto Eco. Conosce e frequenta Ketty La Rocca, artista inserita nel panorama delle avanguardie artistiche internazionali, che la mette in contatto con Eugenio Miccini, fondatore del Movimento “Poesia Visiva”. Questi porta nei musei e nelle università di tutto il mondo la creazione di Franca Pisani del 1976 Album Operozio.
Nel 1977 è invitata all’inaugurazione del Centre Pompidou dal direttore Pontus Hulten, all’interno del programma su larga scala di scambio artistico culturale, come esporre negli spazi del museo il Salotto di Geltrude Stein, film, poster, performance e Poesia Visiva cioè Album Operozio.
Da quel momento prenderà il via un lungo percorso di esposizioni, tuttora in continua evoluzione, sulla spinta dell’urgenza di sperimentare il suo coerente indirizzo concettuale.
Franca Pisani così espone nel Museo Marino Marini (2008), due volte alla Biennale di Venezia (2009 e 2011), nel Museo Hamburger Bahnhof di Berlino (2013), nella mostra “Dietrofront” alle Reali Poste degli Uffizi (2014), nella mostra “Archeofuturo” nel Museo d'Arte Contemporanea di Palazzo Collicola a Spoleto (2014), partecipa a “Settantotto Ritratti” in pergamena per il libro donnArchitettura (2014), dona il proprio Autoritratto alla Galleria degli Uffizi che entra a far parte della relativa, unica collezione (2015), partecipa all’Expo Milano nel padiglione della Toscana e nel padiglione del Principato di Monaco (2015), espone alla mostra “Desdemona” nel Palazzo di Giustizia di Firenze (2015).
Nel 2016 espone nello spazio culturale Marzia Spatafora di Brescia con la mostra “P.I.S.A.N.I.” e, nello stesso anno, decide di trasferirsi e di lavorare a Pietrasanta, in Versilia.
Nel 2017 espone alla Mostra dell’Istituto Italiano di Cultura a Vienna, alla personale nella Palazzina storica di Peschiera del Garda e partecipa per la terza volta alla Biennale d’arte di Venezia nella mostra “Viva Arte Viva” nel Padiglione della Repubblica di Siria, nella mostra-omaggio a Palmira; quindi il 5 agosto apre a Pietrasanta il suo Studio d’artista e alla fine di settembre inaugura la sua prima personale al MACRO Testaccio di Roma, dal titolo “Codice archeologico - Il recupero della bellezza”.