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TSIBI GEVA: RECENT AND EARLY WORKS

30 maggio > 14 settembre 2014
a cura di Barry Schwabsky e Giorgia Calò

MACRO Testaccio

L’esposizione, a cura di Barry Schwabsky e Giorgia Calò, raccoglie circa trenta dipinti, alcuni di grandi dimensioni, realizzati negli anni Ottanta nonché l'ultima produzione dell'artista israeliano Tsibi Geva, a cui si affiancano una grande installazione in ferro e un graffito realizzato site specific per questa occasione. 

L’opera di Tsibi Geva, uno dei più importanti artisti israeliani contemporanei, amalgama motivi e immagini tratti dall’ambiente circostante, israeliano e palestinese: paesaggi, architetture e frammenti urbani.

Il lavoro presenta una miscela, una fusione di diverse matrici culturali, etniche e politiche che creano rapporti dialogici e contemporaneamente esprimono, in toni accesi, tensioni e conflitti profondi e cruenti.
Epicentro della mostra sono i quadri creati da Geva in questi ultimi anni. Sembrano turbini selvaggi, in cui vorticano frammenti di membra umane, scene di sesso, elementi vegetali, uccelli e pezzi di oggetti come keffiyah palestinesi e piastrelle.

Oltre a un’angoscia esistenziale, nei dipinti è insito anche un “attacco al disegno”, una “rottura dell’ordine” e il tentativo di sconvolgere le logiche del linguaggio, dello stile e degli elementi fondamentali dell’arte figurativa. Il contrasto fra me e l’altro, che generalmente si riferisce all’arena politica, qui si traduce in una lotta interiore nell’animo dell’artista: Je est un autre, come ha scritto Rimbaud. 

La mostra è costruita come un’enorme installazione in cui i lavori si inseriscono in relazione e reazione all’architettura e all’“accumulo di memorie”.

Lungo una parete dello spazio espositivo si stagliano grandi inferriate tridimensionali della serie Lattices. Questo gruppo di sculture fa riferimento ai modelli e agli schemi tipici del tardo modernismo e dell’epoca post moderna, come anche alle versioni popolari e alla cultura di strada improvvisata caratteristica dell’urbanesimo israeliano. Le inferriate s’intersecano, riecheggiano i dipinti murali, i graffiti recanti il motivo della keffiyah o della barriera, centrali in tutta la poetica di Geva, rivelando un’indagine sulle forme e le strutture di base della coscienza: frontiere, blocchi, carcerazioni. Come spiega Giorgia Calò: “Geva non vuole indagare i ruoli di vittima e carnefice, ma la comune sensazione di imprigionamento derivata da un'idea contorta del concetto di territorialismo, punto focale di tutta la questione”.

Anche le opere precedenti presenti nella mostra, risalenti agli anni Ottanta, possono fornirci chiavi concettuali per questo mondo d’immagini e per il costante interesse nei confronti dei simboli identitari e dei conflitti culturali, a partire dalle parole, in ebraico e in arabo, che compaiono spesso nei dipinti.

La collocazione spaziale e l’ambiente mentale costruiti da Geva “aggrediscono” il visitatore e provocano il suo coinvolgimento emotivo portandone a galla le ansie ed esprimendo una visione del mondo dura, dilaniata, sconcertante e piena di dubbi.
 

Biografia
Tsibi Geva, nato nel 1951 nel Kibbutz Ein Shemer, in Isralele, vive e lavora tra Tel Aviv e New York. Figlio di uno dei maggiori esponenti del Bauhaus israeliano, è tra gli artisti più noti del panorama contemporaneo nazionale. Artista completo: dipinge, scolpisce e disegna. Interprete raffinato e dal forte tratto espressionista, dalla fine degli anni Settanta presenta una sua personale riflessione sulla cultura, la politica, la filosofia e la mistica, ponendo al centro del suo lavoro l’esplorazione della propria identità e quella del suo paese. Nel 2008 il Tel Aviv Museum of Art gli ha dedicato una grande retrospettiva (Tsibi Geva: Mound of Things. Works and Projects 1982-2008). Attualmente è professore e direttore del programma di studi di arte del Beit Berl College School of Art, e insegna all’università delle Belle Arti di Haifa, che, grazie alla folta presenza di studenti arabi e israeliani, è caratterizzata da una forte matrice pluralista e multiculturale.