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MACRORADICI DEL CONTEMPORANEO: L’ATTICO DI FABIO SARGENTINI 1966 –1978

26 ottobre 2010 > 12 giugno 2011
a cura di Luca Massimo Barbero e Francesca Pola

Promosso da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione – Sovraintendenza ai Beni Culturali
Con la collaborazione di Galleria L’Attico e Festival Internazionale del Film di Roma – Fondazione Cinema per Roma

Immagine: Fabio Sargentini osserva i cavalli di Kounellis che entrano nel garage de L’Attico, gennaio 1969. Foto di Claudio Abate

Uno straordinario viaggio visivo, che attraversa le immagini, i luoghi, i linguaggi, i protagonisti e le culture che hanno percorso la Roma sperimentale e internazionale degli anni Sessanta.

Dopo “Cesare Zavattini inedito” e “A Roma, la nostra era avanguardia”, prosegue il progetto dedicato alle “MACROradici del contemporaneo”, con una nuova mostra, a cura di Luca Massimo Barbero e Francesca Pola, dedicata a uno degli spazi più sperimentali e innovativi che hanno caratterizzato la scena artistica della città di Roma: la galleria L’Attico, diretta a partire dal 1966 da Fabio Sargentini.

Interprete di una visione innovativa, dinamica, aperta e performativa dello spazio espositivo, nel 1968 Sargentini apre al pubblico il celebre garage di via Beccaria, primo spazio artistico italiano letteralmente underground, pensato non come contenitore di mostre, ma come luogo che in se stesso fosse in grado di sollecitare nuove soluzioni creative, aperte alle contaminazioni e alle interferenze dei diversi linguaggi, dall’arte, alla musica, alla danza, al teatro. Si saldano così nell’attività de L’Attico due “radici” fondanti, di sorprendete fecondità e attualità, che vengono indagate e approfondite dalla mostra: luoghi e idee germinali, che anticipano di decenni la dimensione interferente e spettacolare che oggi caratterizza il rapporto libero della contemporaneità con l’universo delle immagini.

La prima “radice” è esemplificata dal rapporto privilegiato che, all’inizio della sua attività, ha legato Sargentini all’opera di due protagonisti della scena artistica romana dell’epoca: Pino Pascali e Jannis Kounellis, con il loro rivoluzionario rapporto autenticamente fisico con lo spazio e le materie del mondo. Una esperienza che culmina nella straordinaria mostra “Fuoco Immagine Acqua Terra”, del giugno 1967, dove la dialettica tra natura e artificio trova una sua sintesi tesa al coinvolgimento del visitatore in una dimensione polisensoriale, e la propria diffusione su scala mondiale con la rivoluzionaria mostra di Kounellis del gennaio 1969, in cui l’artista espone nel garage di via Beccaria dodici cavalli vivi.

Questa interazione tra l’opera, il corpo e lo spazio genera una dimensione nuova e dinamica, che Sargentini interpreta nel suo recepire l’altra grande “radice”: la nascente performance, che egli pioneristicamente propone sulla scena italiana, invitando a lavorare nel garage di via Beccaria i suoi grandi protagonisti internazionali (come Simone Forti, La Monte Young, Trisha Brown, Philip Glass, Joan Jonas, Steve Reich, Steve Paxton), in festival come “Danza Volo Musica Dinamite” del giugno 1969 e “Music and Dance USA” del giugno 1972.

La sensibilità alle sollecitazioni della relazione con lo spazio si traduce per Sargentini anche nell’estensione dell’azione artistica al contesto, come testimonia la sua attività che promuove esperienze come Lavori al Circo Massimo di Eliseo Mattiacci o la grande opera di Land Art Asphalt Rundown, realizzata nel 1969 sulla Laurentina da Robert Smithson.

Analogamente e in modo complementare, Sargentini recepisce le sollecitazioni alla modificazione attiva degli spazi, attraverso i Wall Drawings del minimalista Sol LeWitt (prima personale italiana) e le azioni di Joseph Beuys, ma anche l’esigenza di uscire dai luoghi deputati all’arte, trasformando temporaneamente la sua galleria in una palestra in cui esercitare una “Ginnastica mentale” e portando L’Attico “in viaggio”, prima sul Tevere e poi in India, secondo una prospettiva interculturale che, ancora una volta precorrendo i tempi, si estende alla relazione con l’Oriente.

Il racconto visivo di queste esperienze è presentato in mostra attraverso le straordinarie fotografie di Claudio Abate, definito all’epoca da Sargentini “testimone oculare di avvenimenti”, nel suo interpretare con assoluta precisione il carattere aperto, dinamico, sperimentale dell’attività dell’Attico in tutte le sue espressioni. In dialogo con queste, e con esse raccolte nelle speciali cassettiere MACRO, altre immagini contribuiscono a restituire la vitalità di queste sollecitazioni: scatti di altri fotografi; documenti originali che ne testimoniano la fecondità ideativa; pubblicazioni realizzate da L’Attico secondo una veste grafica sempre differente e innovativa, in linea con il modificarsi e il contaminarsi dei linguaggi; opere e oggetti che materializzano suggestioni e incontri. Un touchscreen interattivo e un video realizzato per l’occasione costituiscono ulteriori luoghi di approfondimento ed esplorazione di queste “radici”.

Quale fulcro visivo e scenico della mostra, sul muro di fondo della sala, si trova la saracinesca originale del garage di via Beccaria, che ha al centro un fiore nero dipinto da Kounellis, e sulla quale viene proiettata una selezione di immagini filmate storiche di ciò che accadeva a L’Attico, in una sorta di installazione pensata da Sargentini appositamente per questa circostanza.

In occasione della mostra, sarà pubblicato da Electa un catalogo bilingue (italiano e inglese), con testi di Luca Massimo Barbero e Francesca Pola, una intervista a Fabio Sargentini e una selezione di testi originali che, quale contrappunto alle straordinarie immagini fotografiche, intendono restituire la vitalità di una storia che oggi rileggiamo in tutta la sua attualità creativa e propositiva.


Il catalogo in fascicoli da collezionare, ordinabili cronologicamente o tematicamente
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